La saggezza contadina ai tempi del coronavirus

La saggezza contadina ai tempi del coronavirus

   

Non è la prima. Non sarà l’ultima delle epidemie. Non sappiamo quando finirà, ma sappiamo che finirà.

Viviamo giorni che non ci saremmo mai aspettati, isolati nelle nostre vite individuali e familiari, seppure im-mediaticamente diluiti nella moltitudine della rete. Una vita inesorabilmente globale e interconnessa, sempre.

Continuiamo a dire che siamo tutti nella stessa barca, ma sappiamo che non è così. Non soffriamo tutti allo stesso modo. C’è chi paga e perde molto più di noi, chi ha scelto di remare più di noi o è costretto a farlo anche al posto nostro.

Ci diciamo che ne usciremo tutti migliori, più forti di prima. Che nulla sarà come prima, che siamo pronti a ripensare il nostro modo di vivere e di produrre, a dare il giusto peso ai beni comuni e alle cose più importanti; salute e lavoro, meriti e bisogni, amicizie e passioni.

Ma ne siamo sicuri? Ecco, siamo veramente sicuri che ci ritroveremo più saggi? Che sapremo programmare meglio le risorse alla luce dei nuovi bisogni, rimodulare le attività in base ai nuovi scenari?   Conoscendoci bene sarà il caso di cominciare a prendere nota, fissare appunti, oggi per domani.

Tra le istruzioni per l’uso di una filosofia di vita diversa segnalerei l’importanza delle parole. Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!” per dirla con il Moretti di Palombella Rossa.

In questi giorni una delle parole dominanti è crisi. Nell’uso comune questa parola ha assunto un’accezione solo negativa, mentre il vero significato della parola crisi deriva dal greco κρίνω: separare.

Utilizzato dai contadini per la trebbiatura, quando dopo la raccolta del grano si passava alla separazione del grano dalla paglia e dalla pula.

Fino ad oggi citavamo più spesso l’etimologia orientale della crisi, con i due ideogrammi cinesi che la compongono: il primo a segnalare il pericolo, il secondo a significare opportunità.

Credo che faremmo bene a riportare in primo piano il significato più vicino alle origini della nostra cultura, riflettendo sulla essenza della parola crisi nella civiltà greca, per coglierne le sfumature positive, per separare il grano della vita dal loglio delle cattive abitudini, per scegliere le risorse personali e sociali più adatte a rinascere, ripartire, giacché “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”, come consiglia Einstein.

Noi che abbiamo il privilegio di lavorare per la Fondazione Sistema Toscana, sappiamo che su questa faccia della terra si è generato uno degli habitat naturali e culturali più adatti per arricchirci di nuova conoscenza.

Amare la nostra regione, la nostra terra, significherà sempre di più meritarci il privilegio di abitarla, di attingere alla sua civiltà millenaria, di tradurla in nuove forme di accoglienza per i visitatori di tutto il mondo.

Riconoscere il valore della buona politica e dei beni comuni, investire in cultura digitale e liberarci dall’oppressione della burocrazia più inutile e dannosa, pretendere più pensiero e meno invettive, più studio e amorevole cura della nostra ineguagliabile biodiversità, restituire credito alle competenze e sconfiggere il medioevo tecnologico degli odiatori seriali del web.

Vorrà dire, per tornare al manuale di una nuova filosofia di vita, fare buon uso della antica saggezza contadina e separare dal mucchio le cose che ci fanno star bene, quelle davvero necessarie da portare con noi nel nostro ritorno al futuro. Cominciamo a farlo da casa, per non dimenticarcelo quando riprenderemo a lavorare più da vicino.

 

Paolo Chiappini

Direttore di Fondazione Sistema Toscana